Sonia Alfredo, è sfollata all'interno del Paese in Mozambico dopo che il ciclone Chido nel dicembre 2024 ha distrutto tutto quello che aveva. ©UNHCR/Isadora Zoni
Una convergenza di crisi in Mozambico sta costringendo le persone a fuggire dalle loro case, spesso più volte, e complicando gli sforzi per assisterle.
I disordini post-elettorali in atto da ottobre 2024 hanno costretto migliaia di mozambicani e rifugiati a fuggire dalle loro case. Molte altre persone sono poi state costrette a fuggire a causa del ciclone Chido e del ciclone Dikeledi, che da dicembre hanno lasciato una scia di distruzione in tutto il nord del Paese. Continui disastri climatici come questi hanno aumentato le sofferenze delle popolazioni più vulnerabili, comprese le persone già sfollate a causa del conflitto armato in corso nella provincia settentrionale di Cabo Delgado.
Qual è la causa principale della crisi degli sfollati in Mozambico?
Dal 2017, gruppi armati non statali hanno lanciato attacchi contro città e villaggi a Cabo Delgado, costringendo oltre un milione di persone a fuggire dalle proprie case. Dopo aver cercato rifugio in zone più sicure della provincia come Pemba, Metuge e Montepuez, le ricorrenti ondate di violenza hanno costretto alcune famiglie a fuggire più volte. Con le loro case e i loro mezzi di sussistenza completamente distrutti e i gruppi armati ancora attivi, tornare a casa non è un’opzione per molte persone. Nel frattempo, le comunità che li ospitano sono sempre più al limite.
In che modo il cambiamento climatico ha peggiorato la situazione?
Il Mozambico è tra i Paesi più colpiti dalla crisi climatica. Cicloni, inondazioni e siccità hanno costretto alla fuga centinaia di migliaia di persone negli ultimi anni. Le condizioni meteorologiche estreme hanno reso ancora più vulnerabili le famiglie di rifugiati e sfollati nel nord del Mozambico. Dal 2019, le tempeste sono diventate sempre più intense e frequenti. Il ciclone Freddy, il ciclone tropicale più duraturo mai registrato, ha devastato otto province all’inizio del 2023, costringendo 184.000 persone alla fuga e lasciandone 1,1 milioni bisognose di aiuti. Inondazioni e siccità stanno minacciando i mezzi di sussistenza, in particolare per la maggior parte degli sfollati e delle comunità ospitanti che dipendono dall’agricoltura.
Mazamo Itabile e la sua famiglia sono stati sfollati per la prima volta dal loro villaggio di Macomia, a Cabo Delgado, dal ciclone Kenneth nel 2019. Pochi mesi dopo,a causa degli attacchi dei gruppi armati sono stati costretti a fuggire di nuovo, questa volta nel distretto di Metuge. Nel corso degli anni, hanno lavorato duramente per ricostruire le loro vite. Mazamo, un ex pescatore, ha imparato il mestiere di costruttore per sostenere la sua famiglia e ha risparmiato abbastanza per costruire una modesta casa con tre camere da letto a Mieze.
“La vita non era facile, ma ce la facevamo”, ricorda Mazamo. I bambini potevano andare a scuola e avevamo un tetto sopra la testa”.
Questo fragile senso di stabilità è andato in frantumi quando il ciclone Chido ha colpito il Mozambico il 15 dicembre 2024. L’intensa tempesta tropicale ha lasciato una scia di distruzione nelle province di Cabo Delgado, Nampula e Niassa, colpendo oltre 450.000 persone e distruggendo completamente o parzialmente più di 100.000 case, oltre a scuole, centri sanitari e strade.
“Era forte, così forte che la casa stava ballando”, dice Sonia, la figlia maggiore di Mazamo. “Poi il tetto è stato strappato via e la casa è crollata”. La famiglia è fuggita nel cuore della notte, sfidando venti implacabili e detriti volanti. Al mattino avevano perso tutto, ancora una volta.
Marcelo, il figlio sedicenne di Mazamo, teme che il suo sogno di essere il primo della famiglia a frequentare l’università non sia più possibile. “Voglio studiare, ma non ho nulla”, dice, tenendo in mano i pochi libri danneggiati dall’acqua che è riuscito a salvare.
Con la stagione dei cicloni che durerà fino a marzo, sono previste ulteriori tempeste. Il ciclone Dikeledi, che ha toccato terra questa settimana, ha colpito altre 30.000 persone, distruggendo case, scuole e chiese sul suo cammino.
In che modo le tensioni politiche stanno costringeno sempre più persone alla fuga?
Le contestate elezioni presidenziali del 9 ottobre hanno alimentato proteste e disordini, spingendo quasi 8.000 persone a fuggire dal Mozambico e cercare rifugio in Malawi e in Eswatini.
In Eswatini, i nuovi arrivati sono ospitati presso il Centro di accoglienza per rifugiati di Malindza, che ora è sovraffollato. Coloro che arrivano in Malawi riferiscono di essere fuggiti da attacchi e saccheggi, nascondendosi poi nella boscaglia prima di attraversare il fiume Shire. L’UNHCR ha distribuito tende, coperte e kit per l’igiene alle famiglie sfollate, ma le risorse sono limitate. Gli emaSwati e i malawiani hanno accolto calorosamente i rifugiati, ma con risorse limitate, è fondamentale un ulteriore sostegno.
Lo stesso Mozambico ospita quasi 25.000 rifugiati e richiedenti asilo. Un terzo di loro risiede nell’insediamento per rifugiati di Maratane, nella provincia settentrionale di Nampula. Anche loro sono stati colpiti dai disordini politici. Oltre 1.000 rifugiati e richiedenti asilo sono fuggiti nell’insediamento di Maratane alla fine di dicembre, dopo la distruzione e il saccheggio di molti negozi e attività commerciali, compresi quelli di proprietà dei rifugiati.
In che modo i disordini hanno influito sugli sforzi umanitari e sulla risposta dell’UNHCR?
La continua insicurezza ha ostacolato gli sforzi per fornire aiuti e ricostruire le infrastrutture critiche distrutte dal ciclone Chido.
La violenza e i saccheggi hanno interrotto gli sforzi per distribuire cibo e ripari in diversi distretti di Cabo Delgado, mentre in diverse aree di Nampula e Cabo Delgado l’accesso umanitario è stato ostacolato dalla situazione di sicurezza.
Prima dell’arrivo del ciclone, tuttavia, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’UNHCR, ha sostenuto il governo, insieme ad altre agenzie delle Nazioni Unite e ONG, per avvertire le comunità di prepararsi al disastro. Entro 48 ore dal passaggio del ciclone, l’UNHCR era sul posto, distribuendo teloni e coperte e indirizzando i più vulnerabili verso il supporto psicosociale. La risposta dell’UNHCR ha anche incluso la collaborazione con partner locali per garantire che gli sfollati nelle aree remote ricevano supporto anche dove l’accesso è difficile a causa delle tensioni post-elettorali, degli attacchi da parte di gruppi armati non statali e delle strade danneggiate dal ciclone.
Mazamo e la sua famiglia sono tra coloro che hanno ricevuto assistenza dall’UNHCR, tra cui teloni e coperte. Eppure la strada verso la ripresa sarà lunga. “Questa casa era tutto”, dice Mazamo, indicando i resti della sua casa. “Ora ricominciamo da capo”.
Mentre il Mozambico affronta gli effetti concomitanti di conflitti, shock climatici e tensioni politiche, è fondamentale un maggiore sostegno internazionale e l’UNHCR ha bisogno di risorse aggiuntive per poter aumentare il sostegno alle comunità colpite. Il piano di risposta umanitaria per il Mozambico dello scorso anno è stato finanziato solo per il 40%.
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