Mohmed, un padre libico di tre figli, vuole ritornare a casa nella città costiera di Sirte, ma due battaglie feroci l’hanno distrutta completamente, oltre ad averlo costretto a fuggire due volte.
Colpita da bombardamenti, colpi di mortaio e razzi nel 2011, e poi ancora quest’anno quando sono avvenuti brutali combattimenti in strada, gran parte della città di 100mila abitanti, un tempo fiorente, è ora in rovina, con le strade piene di bombe inesplose, e i servizi e le infrastrutture di prima necessità ridotti ai minimi termini.
“È una città colpita e abbattuta”, dice Mohmed. “Se non verranno eliminate tutte le mine e gli esplosivi, molte vite andranno perdute. Abbiamo bisogno di aiuto per ricostruire l’infrastruttura della città”.
Più di cinque anni di violenti sconvolgimenti in Libia hanno preso il via con la rivolta che ha fatto cadere il presidente Muammar Gheddafi nel 2011. Si stima che il numero di uomini, donne e bambini sradicati dalle violenza abbia raggiunto circa quota 313mila, anche se i residenti di Sirte – come Mohmed – hanno subito danni più elevati della maggior parte dei loro connazionali.
La prima ondata di distruzione che ha inghiottito la città con i suoi ampi viali, gli alberghi di lusso, i centri congressi e i complessi residenziali, si è scatenata nel 2011, quando le milizie ribelli hanno combattuto di strada in strada per deporre Gheddafi, che era originario di questa città e ne ha fatto la sua ultima roccaforte.
Il graduale recupero di Sirte si è interrotto nel giugno dello scorso anno, quando gli estremisti che sfruttano l’instabilità della Libia hanno messo sotto assedio la città. Undici mesi dopo, le milizie fedeli al governo di unità nazionale di Tripoli, sostenuto dalle Nazioni Unite, hanno lanciato un’offensiva con artiglieria e supporto aereo, riconquistando finalmente la città la settimana scorsa.
Questa volta, i residenti e le autorità a Sirte, che si trova sulla costa mediterranea, a metà strada tra Tripoli e Bengasi, affermano che il grado di distruzione è peggiore di prima e sempre di più sono le persone costrette alla migrazione.
Secondo il consiglio comunale, circa 19mila famiglie sono fuggite dal solo giugno 2015. I residenti sono ora disseminati in 18 città in tutto il paese – la maggioranza a Tarhona, Bani Walid e Misurata, mentre quattromila famiglie vivono ora a Tripoli, molte delle quali in pessime condizioni.
“È davvero tragico. Fuggi in un’altra città da sfollato, e poi le spese di affitto e di sostentamento sono veramente pesanti da sostenere”, dice un dipendente statale, Taher, che è fuggito da Sirte con sua moglie e la loro figlioletta quando si sono trovati sotto “bombardamenti casuali” e ora fatica a pagare l’affitto di un appartamento nella capitale libica.
Molti ex residenti di Sirte, ora sfollati, vivono presso membri della loro famiglia, spesso in condizioni di sovraffollamento. Tra di essi c’è Mokhtar, che afferma che lui e la sua famiglia hanno subito il pubblico dileggio per essersi sottomessi al potere degli estremisti di Sirte, molti dei quali stranieri provenienti dalla Siria e dall’Iraq. “Siamo dovuti fuggire”, dice. “Sapevamo che era meglio affrontare gli insulti delle persone qui che affrontare la guerra e la morte”.
Con poco o nessun aiuto da parte delle autorità, alcuni residenti non hanno avuto altra scelta se non tornare a casa nella periferia della città colpita, anche se la milizia filo-governativa ha battuto gli estremisti con l’artiglieria e ha combattuto casa per casa per avere il controllo del centro.
“In periferia le famiglie soffrono di una grave mancanza di cure mediche, di benzina, di gas da cucina e per il fatto di non avere soldi: è una crisi nazionale”, ha dichiarato Mohamed Al Amien, membro del consiglio locale di Sirte.
Al Amien ha anche dichiarato che il consiglio sta mobilitando convogli medici per aiutare le famiglie che sono ritornate portando aiuti da Misurata, una città che si trova 250 chilometri ad ovest di Sirte.
“Stiamo organizzando degli incontri con le organizzazioni internazionali per ottenere aiuto nella forma di rapide riparazioni delle scuole, degli ospedali e degli edifici governativi una volta che la guerra sarà finita”, ha dichiarato in una recente intervista.
Per i residenti due volte sfollati come Mohmed, senza mezzi per il sostentamento delle loro famiglie e dipendenti dai loro familiari, questo aiuto deve arrivare il prima possibile.
“Abbiamo bisogno di assistenza immediata”, dice. “Penso che la comunità internazionale dovrebbe aiutarci in queste richieste perché lo stato libico è incapace di farlo ora”.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime tutta la sua preoccupazione per il progressivo peggioramento delle condizioni di migliaia di famiglie sradicate dal conflitto in corso a Sirte, alcune delle quali sono state sfollate più volte con la forza.
“Con il passare del tempo, le esigenze di protezione di queste famiglie stanno diventando sempre più critiche”, ha dichiarato Samer Hadaddin, capo della missione UNHCR in Libia. “Il costo degli affitti per i libici sfollati nel loro paese continua a salire, e ciò va a sommarsi all’iperinflazione e alla liquidità delle banche libiche. Allo stesso tempo, le opportunità di occupazione sono scarse per tutti. La vita sta diventando sempre più difficile per le persone in Libia “.
Insieme al partner Mercy Corps, l’UNHCR sta conducendo una rapida valutazione dei bisogni a Sirte per individuare le necessità degli sfollati interni e delle famiglie che stanno ritornando. Dal momento che i resti di esplosivi e gli ordigni improvvisati rendono inaccessibile gran parte di Sirte e ostacolano la sua ricostruzione, la priorità più urgente continua a essere lo sminamento.
Nei mesi estivi, l’UNHCR, insieme a Libaid, ha distribuito coperte, taniche, lampade solari e set da cucina a oltre tremila persone sfollate da Sirte a Benghazi. Le 500 famiglie interessate sono state individuate tra le più vulnerabili, senza legami familiari nella loro zona di esodo, e tra coloro che vivono in sistemazioni improvvisate.
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