Il Ciad ha offerto riparo ai rifugiati della Repubblica Centrafricana, dove la rinnovata violenza continua a costringere decine di migliaia di persone a fuggire.
Una volta lì, però, Zara, 30 anni, non aveva tempo per aspettare. Mentre gli uomini armati si avvicinavano, ha portato i bambini oltre il confine, in Ciad. Lì, nel campo rifugiati di Doholo nella città di Choda, lei e i suoi figli hanno allestito un rifugio fatto di rami e paglia – e Zara si è messa subito al lavoro, vendendo crepes e ciambelle.
“Avevo dei risparmi che ho portato con me, e già vendevo crepes nel mio paese”, ha detto Zara. “Avevo bisogno di fare qualcosa per coprire i bisogni dei miei figli, per nutrirli, mettergli dei vestiti. Ho bisogno di dare loro un futuro migliore, anche se siamo in esilio”.
Gli scontri sono scoppiati nella RCA nel 2013, dopo che i ribelli hanno spodestato il presidente Francois Bozize. Da allora, il paese ha sperimentato una violenza sporadica ma devastante che ha costretto quasi 1,5 milioni (quasi uno ogni tre centrafricani) a fuggire. Le ultime violenze sono avvenute dopo le elezioni presidenziali e parlamentari dello scorso dicembre e hanno causato la fuga di 250.000 persone, molte sfollate all’interno del loro stesso paese. Altri, come Zara, hanno cercato rifugio nei paesi vicini come il Ciad, il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo.
Nonostante il COVID-19, le autorità del Ciad hanno tenuto aperto il confine del paese e permesso accesso all’asilo a circa 8.500 rifugiati fuggiti dall’inizio di quest’anno.
Dopo due settimane di quarantena in un centro costruito per il recente afflusso di rifugiati, 5.000 persone sono state trasferite a Doholo, un vicino campo rifugiati che già ospita 6.000 centrafricani fuggiti da precedenti violenze nel 2014.
L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, sta lavorando con il governo e i partner per trasferire migliaia di rifugiati in siti più sicuri e meglio attrezzati, più lontani dal confine. Inoltre, l’UNHCR fornisce ai rifugiati beni di soccorso fondamentali, come stuoie, zanzariere e utensili da cucina, e aiuta i bambini rifugiati a iscriversi a scuola.
Zara, aiutata dalla cui figlia maggiore dopo la scuola, guadagna quasi 1,5 dollari al giorno, una piccola somma che integra vendendo zucchero, spezie e arachidi. È appena sufficiente per la sua famiglia, che è fuggita con quasi nulla. Vorrebbe delle stuoie su cui la famiglia possa sedersi, così come dei secchi più grandi per poter conservare abbastanza acqua da non dovere andare costantemente a prenderne altra. Ha anche bisogno di coperte, scarpe e materiale scolastico per i bambini.
Mentre il conflitto si trascina, Zara sa che non sarà in grado di tornare presto a casa.
Ma fino a quando non arriverà la pace, spera almeno di riunirsi con suo marito, “così la nostra famiglia potrà essere di nuovo completa”.
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