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Una famiglia ucraina affronta la nuova realtà della vita da rifugiati

Dopo un difficile viaggio verso la sicurezza, Andrii, di due mesi, è tra i più giovani di oltre 2 milioni di rifugiati dall’Ucraina, ma sua zia già attende con ansia il giorno in cui potrà tornare a casa.

Di Chris Melzer a Medyka, Polonia  |  10 Mar 2022

Valentina di Kharkiv, nell'Ucraina nord-orientale, culla il suo nipotino Andrii in un centro di accoglienza nella città polacca di confine di Medyka. © UNHCR/Valerio Muscella

In un grande palazzetto dello sport nella città di Medyka, in Polonia, centinaia di letti coprono il campo da gioco per fornire una sistemazione temporanea ai rifugiati dall’Ucraina. In mezzo al trambusto e al rumore delle famiglie con bambini piccoli, Valentina culla suo nipote Andrii di due mesi e cerca di dare un senso agli ultimi giorni.


“Non avrei mai pensato di dover lasciare la mia casa. Che sarei stata costretta a fuggire solo per salvarmi la vita”, dice Valentina. La maestra d’asilo di 42 anni è arrivata in Polonia il 5 marzo insieme alla figlia di otto anni, alla sorella e al nipotino. Hanno raggiunto la salvezza dopo un difficile viaggio durato una settimana, in cui hanno percorso centinaia di chilometri in autobus, in treno e a piedi dalla città nord-orientale ucraina di Kharkiv.

Dopo aver percorso l’ultimo tratto a piedi oltre il confine, con Andrii avvolto in coperte contro il freddo pungente, tutto è andato liscio. “Tutti qui erano così amichevoli”, dice Valentina. “Ci hanno accolto e ci hanno dato qualcosa di caldo da mangiare”.

“Non avrei mai pensato di dover lasciare la mia casa”.

Un autobus li ha portati al palazzetto dello sport, dove c’è poco in termini di privacy, ma una moltitudine di volontari dei vigili del fuoco locali, della Croce Rossa e di altre organizzazioni distribuiscono cibo e donazioni e giocano con i bambini per tenerli occupati.

“Ora ce l’abbiamo fatta, ma non posso essere felice, anche se ho il nostro futuro nelle mie mani, e lui mi sorride tutto il giorno”, dice Valentina, guardando Andrii che batte le palpebre nelle luci fluorescenti della sala.

Dall’escalation del conflitto in Ucraina, iniziata il 24 febbraio, più di 2,2 milioni di persone sono fuggite dal paese in quella che è diventata la crisi dei rifugiati in più rapida crescita in Europa dalla seconda guerra mondiale. Finora, più di 1,4 milioni di rifugiati – soprattutto donne, bambini e anziani – hanno attraversato il confine nella vicina Polonia.

I team dell’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, sono alle frontiere in Polonia e in altri paesi vicini per sostenere le autorità nazionali nel fornire assistenza e protezione alle persone in fuga. Oltre a distribuire beni di soccorso, l’agenzia fornisce informazioni e servizi di consulenza, e aiuta a identificare le persone con bisogni specifici, compresi i bambini che hanno attraversato il confine da soli e le persone con disabilità.

Katarzyna Oyrzanowska dell’ufficio dell’UNHCR in Polonia dice che l’agenzia è stata presente al confine fin dal primo giorno della crisi, e un obiettivo particolare per lei e i suoi colleghi è stato quello di monitorare come i bambini vengono ospitati e curati.

“La maggior parte dei rifugiati sono donne e bambini. Non si vede quasi mai un uomo”, dice Oyrzanowska. “Cerchiamo di trovare soluzioni per loro. Sono stati strappati dal loro ambiente familiare, i loro padri non ci sono e non capiscono la situazione. Tutto questo è difficile da affrontare per gli adulti. Come deve essere per i bambini?”.

“All’improvviso eravamo… rifugiati”.

Irinia, la madre di Andrii, descrive il momento durante i primi giorni del conflitto, quando Kharkiv ha tremato al suono delle esplosioni, e hanno deciso di fuggire.

“Abbiamo raccolto alcune cose e siamo fuggiti. All’improvviso eravamo… rifugiati”, dice Irinia, ancora alle prese con la realtà della loro situazione. “I nostri uomini sono rimasti indietro per difendere il nostro paese. Abbiamo portato i nostri figli al sicuro”.

Sua sorella Valentina abbraccia forte suo nipote e risponde: “Ora è un rifugiato, ma non lo resterà. Ci prenderemo cura di lui adesso. E quando sarà grande e forte, ricostruirà il nostro paese”. Gli bacia la fronte e dice “maybutnye”. “Futuro”.

 

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