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Un’adolescente afghana lascia il segno nella città ecuadoriana che le ha dato rifugio

Zohra aveva solo 11 anni quando lei e la sua famiglia sono stati costretti a fuggire in Ecuador. Ora ha 16 anni e riconcilia i suoi due mondi dipingendo gli edifici della città che la accoglie.

Di Diana Díaz e Jaime Giménez a Quito, Ecuador  |  19 Ott 2021

Zohra, un'artista afghana di 16 anni, trova ispirazione nelle storie di altri rifugiati. © UNHCR/Jaime Giménez

Le due cose dell’Afghanistan che Zohra ricorda più vividamente sono la neve e la paura.


Zohra non vede la neve dal 2016, da quando la sua famiglia è fuggita verso Quito, la capitale dell’Ecuador, ma sogna spesso i paesaggi bianchi e ghiacciati della sua città natale nel nord dell’Afghanistan. Quei sogni sono tinti di quel senso di terrore opprimente che allora oscurava la sua vita.

Il padre di Zohra lavorava come funzionario governativo in Afghanistan, una posizione che ha reso l’intera famiglia un obiettivo dei combattenti talebani. Uno dei fratelli di Zohra ha dovuto abbandonare la facoltà di medicina perché il tragitto da e per l’università era diventato troppo pericoloso, mentre un altro, Hasibullah, è fuggito in India.

“Ogni volta che penso al mio paese, provo paura”.

Zohra e le sue sorelle hanno visto il loro mondo farsi più piccolo mentre anche loro venivano ritirate dalla scuola e tenute in casa.

“L’unico posto dove potevamo andare era la casa della mia defunta nonna”, racconta Zohra, seduta nel soggiorno del piccolo appartamento a Quito che condivide con i suoi genitori e quattro dei suoi cinque fratelli e sorelle. “Ogni volta che penso al mio paese, provo paura… Ricordo la paura”.

Il viaggio della famiglia verso la salvezza è stato lungo e straziante. Mentre era in India, il fratello di Zohra, Hasibullah, ha trovato aiuto per assicurare alla famiglia i visti per l’Ecuador. Il padre ha venduto tutti i loro averi, compresa la casa e la macchina, per raccogliere i soldi per i biglietti aerei per la nazione sudamericana – circa 3.600 dollari a biglietto. Il viaggio è durato 44 ore, cambiando aereo quasi una mezza dozzina di volte, e anche se i loro visti erano in ordine, sono stati fermati e interrogati dalle autorità dell’immigrazione diverse volte.

Ecuador. Un’adolescente afghana lascia il segno nella città che la accoglie

Zohra e suo fratello Hasibullah (al centro) si godono il tramonto di Quito, circondati da altri membri della loro famiglia. © UNHCR/Jaime Giménez

Ecuador. Un’adolescente afghana lascia il segno nella città che la accoglie

Zohra dipinge un murale sulle pareti del Centro per l'uguaglianza e la giustizia di Quito, dove sia le persone del luogo che i rifugiati ricevono supporto legale. © UNHCR/Diana Díaz

Ecuador. Un’adolescente afghana lascia il segno nella città che la accoglie

Gli artisti al lavoro. Zohra e i suoi colleghi pittori dipingono un murale al Centro per l'uguaglianza e la giustizia. © UNHCR/Diana Díaz

L’Ecuador attualmente ospita più di 70.000 rifugiati – la più grande popolazione di rifugiati riconosciuti in America Latina – la maggior parte dei quali dalla vicina Colombia. Il paese ospita anche più di 450.000 venezuelani che sono fuggiti dall’insicurezza e dalla carenza di cibo e medicine negli ultimi anni.

Mentre i recenti eventi in Afghanistan hanno visto un’impennata nel numero di afghani in fuga dal loro paese, quando è arrivata nel 2016, la famiglia di Zohra era tra poco più di due dozzine di rifugiati afghani nella nazione andina.

“Attraverso la pittura, posso creare il mio mondo”.

L’adattamento è stato difficile all’inizio. Nessuno della famiglia parlava spagnolo. Questo ha reso difficile stare al passo a scuola, e ha spinto Zohra a rivolgersi all’arte come un modo per esprimere se stessa. In Afghanistan, si era affidata all’arte per immaginare una vita oltre i confini della sua casa.

L’arte “è un altro mondo, un universo parallelo. È difficile da spiegare perché si tratta di un diverso tipo di sentimento che non si può esprimere a parole”, ha detto. “Attraverso la pittura, posso creare il mio mondo”.

Un programma di doposcuola ha aiutato Zohra a trasformare questo modo privato di affrontare i cambiamenti e il tumulto che hanno segnato la sua giovane vita in un modo pubblico per colmare il divario tra la sua cultura nativa e quella di adozione. Il programma, realizzato da una ONG chiamata Fudela, con il sostegno dell’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, fornisce a giovani come Zohra lezioni d’arte e un kit che permette ai partecipanti di dipingere a casa.

Grazie al programma, Zohra ha finito per dipingere diversi murales su edifici di Quito, tra cui uno all’esterno del Centro per la giustizia e l’uguaglianza che rappresenta le montagne russe emotive attraversate da molte persone costrette a fuggire.

“Sento la loro tristezza, sento il loro dolore, sento la loro gioia”, ha detto Zohra. “Voglio che coloro che lo vedono dicano a se stessi: ‘Qualcuno sta pensando a noi, qualcuno è preoccupato per noi, e qualcuno vuole cose migliori per noi'”.

Mentre la scuola continua ad essere una strada in salita per Zohra, lei è determinata a gettare solide basi su cui costruire i suoi sogni.

“I miei insegnanti assegnano un sacco di compiti a casa, e non vedo l’utilità di molti di essi”, ha detto. “Ecco perché faccio i compiti il più velocemente possibile, in modo da poter fare le cose che mi piacciono, cioè imparare le lingue e dipingere”.

Oltre al farsi, Zohra parla correntemente lo spagnolo e sta imparando il giapponese, l’inglese e il francese. Sogna di studiare relazioni internazionali in un’università del Canada.

Ma nel frattempo, intende continuare con la sua arte.

“Voglio dipingere e dipingere e dipingere e dipingere”, dice con un sorriso.

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