Il Sud Africa e il rischio apolidia

Il Sud Africa e il rischio apolidia
La realtà complessa del Sud Africa è al centro del percorso artistico di Robyn Orlin, regista di “We wear our wheels with pride”, spettacolo che sarà presentato nell’ambito del Romaeuropa Festival, in corealizzazione con il MAXXI, al Teatro Vascello di Roma dal 5 al 6 novembre. La storia del Sud Africa è indubbiamente travagliata e ancora oggi il Paese deve fare i conti con sfide difficili come l’elevata disoccupazione giovanile, alti livelli di povertà e disuguaglianze che sfociano in tensioni sociali.
Un problema che il Sud Africa, ma in generale tutta la regione dell’Africa Meridionale, deve affrontare è il pericolo che in tanti corrono di diventare apolidi: la Banca Mondiale stima che ci siano 137 milioni di persone a rischio di apolidia nell'Africa meridionale. L’apolidia è un limbo legale devastante per milioni di persone al mondo che non si vedono riconosciuta la cittadinanza da nessuno Stato.
A una persona apolide non viene infatti riconosciuto il diritto fondamentale alla nazionalità, quindi non può godere dei diritti legati ad essa. Questo significa essere ‘invisibili’, dover rinunciare a un’istruzione, non poter ricevere cure mediche, essere privi di opportunità di lavoro e non poter far sentire la propria voce.
La storia di Raphael Chauke, 55 anni, è da questo punto di vista significativa. Nato in Sud Africa, fugge dall'apartheid nel 1989 e trova accoglienza come rifugiato in Zimbabwe, Paese dove ha ottenuto una borsa di studio per studiare meccanica industriale in Germania. Dopo la fine dell'apartheid, nel 1994, torna in Sud Africa e da allora deve affrontare dei gravi problemi. Il governo gli ha infatti negato un documento d'identità perché privo del certificato di nascita. In mancanza dei documenti, ha perso un promettente lavoro in una raffineria di platino a Johannesburg e gli viene negata anche la possibilità di votare. Invece di perseguire la carriera per la quale si è formato, ora lavora come giardiniere in un ricco sobborgo della capitale Pretoria. “Sono stato ridotto a vivere così nonostante tutto quello che ho fatto per dimostrare di essere nato da genitori sudafricani”, dice Raphael.
Nel 2014, l’UNHCR ha lanciato la campagna #IBelong per porre fine all’apolidia globale entro 10 anni. Data la natura del problema, è impossibile stabilire con esattezza il numero di apolidi nel mondo ma stimiamo che siano diversi milioni – di cui circa un terzo sono bambini.
Tutti possono sostenere il lavoro dell’UNHCR a beneficio di oltre 100 milioni di rifugiati, sfollati e apolidi in 133 Paesi del mondo. Per aiutare dona ora a questo link.