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Essere rifugiati, tra dolore e speranza

A mother and her child

Essere rifugiati, tra dolore e speranza

ITALY. UNHCR team assists refugees from Ukraine at Italy’s north eastern border

Faith, Hope and Charity. La pièce di Alexander Zeldin - spettacolo che sarà presentato nell’ambito del Romaeuropa Festival al Teatro Argentina, in corealizzazione con Teatro di Roma, dal 3 al 6 novembre - a partire dal titolo e dal nome dei suoi protagonisti, rievoca simbolicamente l’esperienza di chi, a un certo punto della vita, si trova a fuggire dalla violenza e dalle persecuzioni. Come accade alle persone del centro comunitario raccontato da Zeldin, anche nella esperienza di tanti rifugiati e sfollati, il dolore e il trauma si alternano alla speranza di poter un giorno tornare a casa, riabbracciare i propri cari e ricostruire una esistenza stravolta dalla guerra.

In questo momento, nel mondo, il numero di persone costrette a fuggire da guerre, violenze, violazioni dei diritti umani e persecuzioni ha superato per la prima volta la sconvolgente soglia di 100 milioni. Si tratta di una cifra record che rappresenta la conseguenza della nascita di nuovi conflitti e del riacutizzarsi di altri già esistenti. Il conflitto in Ucraina, ad esempio, in pochi mesi ha determinato il più ampio e rapido esodo di esseri umani dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Una delle persone costrette alla fuga si chiama Daria e ha 15 anni. La sua vita è stata sconvolta quando è stata svegliata dalle esplosioni vicino alla sua casa di Odessa ed è subito fuggita insieme alla madre.

“Non avrei mai immaginato di vivere la guerra, non era una cosa che pensavo potesse accadere a noi. Per me essere un rifugiato significa avere problemi a trovare cibo, un posto dove stare e vestiti e anche avere problemi psicologici. Ma non voglio pensarci. Cercherò di trovare cose che mi distraggano. La prima cosa che vorrei fare al ritorno a Odessa è andare al mare con i miei genitori e il mio fratellino. Farò una nuotata e dimenticherò quello che è successo”. Svetlana invece ha 83 anni. Quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina, la sua vita è cambiata completamente. Insieme al figlio Andre, ha lasciato il suo Paese per raggiungere Berlino, passando per la frontiera di Palanca, nella Repubblica di Moldavia. Lì sono stati accolti dall’UNHCR. Svetlana è rimasta sorpresa e sollevata dall’ospitalità. “Non mi sarei mai aspettata di trovare qualcosa di così ben organizzato. Ci hanno aiutato con i bagagli, li hanno caricati su un autobus, ci hanno invitato in una tenda per fare uno spuntino e lavarci le mani. In tempi così difficili, quando tante persone hanno bisogno di assistenza, i servizi sono eccellenti”. Sebbene appartenenti a due generazioni molto diverse e distanti, le storie di Daria e Svetlana sono accomunate dal dolore, dal trauma della fuga ma anche da una incrollabile speranza. Un sentimento, quest’ultimo, che si rafforza e si alimenta della generosità dei tanti donatori che sostengono il nostro lavoro a beneficio di oltre 100 milioni di rifugiati, sfollati e apolidi in 133 Paesi al mondo.

UNHCR è presente in Ucraina e nei Paesi confinanti per portare aiuti essenziali per la sopravvivenza alle persone in fuga. A diversi mesi dall’inizio del conflitto i bisogni restano enormi. Il tuo aiuto è necessario e urgente per continuare a fornire protezione e assistenza salvavita alle famiglie costrette a fuggire dalle loro case.