Da un nuovo rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è emerso che un numero crescente di persone rischia la vita su imbarcazioni di trafficanti nel Sud-Est asiatico, nonostante i rischi di atti di terribile violenza.
Stando alle informazioni pervenute da fonti locali, organi di stampa e persone sopravvissute al viaggio, si stima che finora, nel corso dell’anno, siano 54.000 le persone che hanno intrapreso viaggi per mare irregolari nella regione, di cui 53.000 salpate dal Golfo del Bengala verso la Tailandia e la Malesia e centinaia di altri diretti più a sud nell’Oceano Indiano.
I flussi provenienti dal Golfo del Bengala tendono a raggiungere il culmine nel mese di ottobre, al termine della stagione delle piogge, quando le acque del mare sono più calme. Le partenze di questo ottobre sono aumentate rispetto agli anni precedenti. Da allora si calcolano circa 21.000 partenze di cittadini Rohingya e bengalesi, un aumento del 37 % rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Si ritiene che circa il 10 % di queste persone siano donne. Quasi un terzo delle persone arrivate e intervistate dall’UNHCR in Tailandia e Malesia avevano meno di 18 anni. I bambini di appena otto anni hanno viaggiato da soli.
In totale si stima che siano circa 120.000 le persone che hanno affrontato questi viaggi nel Golfo del Bengala dall’inizio del 2012. Considerando che le tariffe vanno da 1.600 a 2.400 USD a passeggero, si calcola che negli ultimi tre anni i trafficanti abbiano ottenuto un reddito di quasi 250 milioni di USD.
Myanmar/Bangladesh
Se la maggior parte delle persone hanno pagato i trafficanti, alcuni hanno invece riferito di essere stati costretti a salire sulle imbarcazioni, a volte sotto la minaccia di un’arma da fuoco, a Myanmar e in Bangladesh. Il personale dell’UNHCR ha incontrato due ragazzi Rohingya in Malesia che hanno dichiarato di essere stati rapiti a fine settembre per la strada nello stato settentrionale di Rakhine e costretti a imbarcarsi.
Le imbarcazioni dei trafficanti erano in condizioni terribili. I sopravvissuti hanno riferito di situazioni di sovraffollamento, razioni giornaliere di cibo molto scarse accompagnate da 1 o 2 bicchieri di acqua. Chi chiedeva di più o cercava di usare il bagno fuori dal proprio turno veniva picchiato con cinghie o spinto a calci giù dalle scale dall’equipaggio armato sul ponte superiore. Si stima che circa 540 persone sono morte in mare quest’anno per via delle percosse, della fame e della disidratazione, e i loro corpi sono stati gettati in mare.
Tailandia
I sopravvissuti hanno dichiarato al nostro personale di essere stati trasferiti da imbarcazioni di grandi dimensioni a barche più piccole in Tailandia, dove sono stati detenuti in campi di trafficanti e costretti a chiamare i propri parenti per ottenere il pagamento del proprio rilascio. In caso di ritardo nell’invio del denaro, venivano picchiati o sottoposti ad altre torture. Molti sopravvissuti hanno potuto mostrare i segni dei gravi maltrattamenti sul corpo.
Dallo scorso anno, si presume che centinaia di persone siano morte nei campi a causa di malattie, fame, disidratazione o uccise dai trafficanti durante un tentativo di fuga o perché non potevano pagare.
Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, le retate delle forze dell’ordine in Tailandia dall’inizio dell’anno sembrano aver ridotto notevolmente il numero e le dimensioni dei campi di trafficanti nel paese.
Alcuni dei sopravvissuti intervistati dall’UNHCR erano stati detenuti nei campi più di una volta. Dopo essere stati salvati durante le irruzioni delle autorità governative e portati in centri di detenzione per immigrati, hanno scelto di essere allontanati o sono scappati e rientrati nel ciclo del contrabbando per fuggire alla prospettiva di detenzione a tempo indeterminato.
I cittadini Rohingya e bengalesi arrivati in Tailandia negli ultimi mesi sono stati sottoposti a controlli sistematici da team multidisciplinari governativi per individuare eventuali vittime di tratta degli esseri umani. Nel caso in cui lo fossero venivano trasferiti in rifugi per facilitare il loro recupero e la ricerca dei trafficanti. L’UNHCR si augura che questi continui controlli possano condurre anche a un valutazione di tutte le esigenze di protezione internazionale.
Malesia
La maggior parte dei nuovi arrivati in Malesia hanno attraversato via terra la Tailandia e sono stati trattenuti in centri di detenzione nel nord della Malesia, solitamente per un paio di giorni. Il personale dell’UNHCR ha incontrato una ragazza sposata a un uomo Rohingya che aveva pagato il suo rilascio e quello del fratello.
A seguito degli abusi e delle privazioni subite sulle imbarcazione e nei campi dei trafficanti, quest’anno circa 200 persone si sono rivolte all’UNHCR in Malesia affette da beri beri, una forma di carenza di vitamina B1 che ne ha compromesso la capacità motoria.
Diverse barche sono arrivate direttamente in Malesia dal Golfo del Bengala nel corso dell’anno. Circa 300 persone arrivate su tre imbarcazioni sono state arrestate. L’UNHCR ha potuto raggiungere chi si trovava sulle prime due imbarcazioni e si sta adoperando per accedere al terzo gruppo.
Altri ancora sono arrivati via mare passando inosservati e vivono nella comunità. Nelle interviste con l’UNHCR, hanno dichiarato di essere sbarcati sull’isola di Langkawi al largo della costa nord-occidentale della Malesia o di essere stai portati in motoscafo dal mare delle Andamane sulla terraferma.
Indonesia
Il traffico marittimo è proseguito a doppio senso tra Indonesia e Malesia; qualche cittadino Rohingya si è trasferito in Indonesia dopo aver trascorso un periodo in Malesia. In Indonesia nel corso dell’anno sono stati registrati più di 100 Rohingya.
Il personale dell’UNHCR ha parlato con alcuni Rohingya che avevano cercato di proseguire il viaggio verso l’Australia, ma sono ritornati a causa del maltempo, di guasti al motore o per via delle intercettazioni da parte delle autorità australiane.
Australia
Nel 2014 sono avvenute 10 intercettazioni di imbarcazioni che trasportavano 441 persone speranzose di raggiungere l’Australia. Sette barche con 205 persone sono state rinviate in Indonesia. Tutti tranne uno dei 79 passeggeri a bordo di due barche sono stati rimpatriati in Sri Lanka. 157 persone a bordo di un’imbarcazione proveniente dall’India sono state trasferite dal continente australiano al centro di detenzione esterno di Nauru, dove rimangono detenuti.
Oltre 6.500 persone di competenza dell’UNHCR che hanno viaggiato via mare sono state rinchiuse in strutture di detenzione nella regione, di cui 4.600 in Australia o nei suoi centri esterni di Nauru e Papua Nuova Guinea. L’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani e il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura si sono uniti all’UNHCR nell’esprimere la loro preoccupazione per queste pratiche.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter