A fronte di flussi migratori forzati che, nel corso dell’anno, hanno finora colpito un numero stimato di un milione di persone, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime la sua preoccupazione anche per la sicurezza dei rifugiati siriani nel campo di Al Qaem nella parte occidentale del paese.
Al-Qaem, nota anche come Al-Obaidi, si trova nella provincia irachena di Anbar a circa 25 chilometri dal confine con la Siria. Nelle tende del campo alloggiano 1.500 rifugiati siriani, mentre altri 3.500 vivono al di fuori del campo. Alcuni scontri militari sono scoppiati ieri sera nei pressi di un’area del campo e hanno diffuso il panico tra i rifugiati. La situazione si è calmata a partire da questa mattina.
Viste le limitate possibilità di accesso, l’UNHCR aveva già distribuito cherosene, gasolio e farina necessari a fare il pane per due mesi. L’Agenzia sta inoltre lavorando con il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP/PAM) e il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) per garantire che la consegna dei pacchi alimentari non venga interrotta. Molti rifugiati hanno chiesto di far ritorno in Siria, anche se gran parte del territorio siriano rimane sotto attacco. Giungono notizie che molte persone residenti nell’area urbana si sono trasferite verso comunità più sicure al di fuori di Al Qaem.
Nel frattempo continuano ad aumentare le esigenze umanitarie della popolazione ben più ampia nuovi sfollati dell’Iraq. Le operazioni di aiuto si stanno al momento concentrando nel nord del paese. Molti sfollati hanno trovato un rifugio temporaneo presso amici e parenti, o in alberghi, scuole, moschee, parchi ed edifici non ancora finiti. Un numero crescente di persone senza nessun’altra alternativa cerca rifugio in campi che sono in fase di apertura o di pianificazione.
In due occasioni questa settimana l’UNHCR ha inviato un convoglio con tende e altri generi di prima necessità a Sinjar, regione povera e periferica della provincia di Ninewa dove nei giorni scorsi sono arrivate circa 30mila persone in fuga da Tal Afar e altre località.
L’UNHCR e i suoi partner hanno condotto una serie di valutazioni con circa 2.700 famiglie di sfollati interni nelle aree urbane di Erbil e Duhok, il 70% delle quali ci ha riferito che intende tornare quanto prima a Mosul per la mancanza di soldi. Alcuni hanno fatto ricorso alla vendita di oggetti personali per potersi pagare la sistemazione. Altri sono già partiti e i nostri colleghi che monitorano i posti di blocco tra le province segnalano flussi in entrambe le direzioni.
L’UNCHR continua a intensificare le proprie azioni a sostegno di tutti coloro che si trovano in una situazione di bisogno, distribuendo tende, materassi, coperte, contenitori per l’acqua, kit igienico-sanitari, set da cucina e stufe a circa 14mila persone alloggiate in campi di transito e luoghi urbani. Ad oggi, l’UNHCR ha fornito aiuti agli sfollati nel campo di transito di Khazair, nel governatorato di Erbil, nel campo di Garmawa e nelle città di Zummar e Shekhan nel governatorato di Duhok, a Sinjar nel governatorato di Ninewa, alla città di Sulymaniah e di Khanaqin nel governatorato di Diyala.
Con i combattimenti tuttora in corso in diverse parti del paese, la crisi migratoria potrebbe ulteriormente aggravarsi. Insieme alle proprie agenzie dislocate in loco e alle ONG partner in Iraq, l’UNHCR sta rivedendo le proprie esigenze e prossimamente rivolgerà un nuovo appello in risposta ai bisogni degli sfollati iracheni, che nel 2014 hanno raggiunto quota un milione.
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