Questa è una sintesi di quanto affermato da Dominique Hyde, Direttrice della divisione per le Relazioni Esterne dell’UNHCR – a cui il testo citato può essere attribuito – durante il briefing stampa del 7 novembre al Palazzo delle Nazioni di Ginevra.
Il conflitto esploso all’improvviso ha trasformato in veri e propri cimiteri le case dei sudanesi un tempo pacifiche. Ora i combattimenti stanno aumentando di portata e brutalità, colpendo la popolazione del Sudan, e il mondo è scandalosamente silenzioso, nonostante continuino impunemente le violazioni del diritto internazionale umanitario. È vergognoso che le atrocità commesse 20 anni fa in Darfur possano ripetersi oggi e che ci sia una così poca attenzione. Di conseguenza, sono quasi sei milioni le persone costrette ad abbandonare le proprie case; più di un milione sono fuggite verso i vicini e, spesso fragili, Paesi confinanti e alcune tra loro si sono già spostate.
Lontano dagli occhi del mondo e dai titoli dei giornali, il conflitto in Sudan continua a infuriare. In tutto il Paese si sta verificando una crisi umanitaria inimmaginabile, poiché sempre più persone sono sfollate a causa degli incessanti combattimenti.
Da aprile, da quando è iniziato il conflitto, gli sfollati interni sono 4,5 milioni, mentre 1,2 milioni sono le persone fuggite nei Paesi vicini come Ciad, Egitto, Sud Sudan, Etiopia e Repubblica Centrafricana. La stragrande maggioranza dei rifugiati sono donne e bambini (in alcuni casi, come in Repubblica Centrafricana, quasi il 90%).
I recenti combattimenti nella regione del Darfur hanno costretto sempre più persone alla fuga, con migliaia che faticano a trovare un riparo e molti dormono sotto gli alberi ai bordi delle strade. Siamo molto preoccupati per il fatto che non abbiano accesso al cibo, a un riparo, all’acqua potabile o ad altri beni di prima necessità.
La scorsa settimana ho visitato lo Stato sudanese del White Nile, dove si stima che vivano oltre 433.000 sfollati interni. Inoltre, prima del conflitto, lo Stato del White Nile ospitava quasi 300.000 rifugiati, per lo più sud sudanesi, in 10 campi rifugiati.
L’aumento del numero di sfollati ha completamente travolto quelli che erano servizi essenziali nei campi. Così come nel resto del Sudan, le scuole sono rimaste chiuse negli ultimi 7 mesi perché le persone sfollate hanno trovato temporaneamente riparo nelle aule. L’istruzione e le prospettive future di milioni di bambini in Sudan sono a rischio. E la situazione sanitaria è disastrosa. Solo tra la metà di maggio e la metà di settembre, nello Stato del White Nile sono morti più di 1.200 bambini sotto i 5 anni, a causa di un’epidemia di morbillo combinata con gli alti livelli di malnutrizione. Nello Stato del White Nile, ogni settimana muoio almeno quattro bambini, a causa della mancanza di scorte, farmaci essenziali, e del personale.
Nel frattempo, aumenta drammaticamente, l’esodo dei rifugiati sudanesi verso i Paesi vicini. In Ciad, i nuovi arrivi sono circa 700 al giorno. La scorsa settimana sono stata a Renk, nel Sud Sudan, vicino al confine con il Sudan. Negli ultimi giorni, si è visto a Renk un netto incremento degli arrivi di rifugiati. Nella settimana in cui mi trovavo lì, oltre 20.000 persone hanno attraversato il confine dal Sudan. Alcuni di loro erano sud sudanesi che tornavano nel loro Paese, ma la maggior parte, circa il 70%, erano cittadini sudanesi.
Un centro di transito a Renk, costruito per 3.000 persone, ne ospita ora circa 20.000, la maggior parte delle quali sono rifugiati sudanesi. Ci sono persone ovunque si cammini e la situazione sta peggiorando sempre di più. La situazione idrica e igienico-sanitaria è ad alto rischio per l’esplosione di un’epidemia di colera. Faccio questo lavoro da 30 anni e questa è probabilmente una delle situazioni peggiori che abbia mai visto.
I numeri sono sconcertanti. Ufficialmente, dall’inizio del conflitto in Sudan, sono oltre 362.000 le persone che hanno attraversato il confine verso il Sud Sudan. Le organizzazioni umanitarie inclusa l’UNHCR stanno facendo il possibile per fornire gli aiuti, ma sono sopraffatte. Il nostro staff lavora giorno e notte, ma gli sforzi non sono sufficienti per stare al passo con i bisogni crescenti. Abbiamo urgentemente bisogno di fondi per continuare a dare risposta alle esigenze umanitarie.
Ci sono state testimonianze scioccanti di stupri e violenze sessuali diffuse. Le Nazioni Unite chiedono di porre fine immediata al perpetrare della violenza di genere, compresa la violenza sessuale come strategia di guerra per terrorizzare la popolazione. È necessario che per questi crimini si identifichi la responsabilità e che si possa fornire sostegno medico e psicosociale alle persone sopravvissute. Le parti devono attuare meccanismi per evitare che le violenze si ripetano.
Il Piano regionale di risposta ai rifugiati per le esigenze umanitarie in tutti i Paesi limitrofi che accolgono i rifugiati sudanesi è attualmente finanziato solo al 39%. Chiediamo un miliardo di dollari per 64 partner in cinque Paesi. Un altro appello legato ai bisogni umanitari all’interno del Sudan è finanziato solo per un terzo. Questo appello mira a raggiungere 18,1 milioni di persone e sono necessari 2,6 miliardi di dollari.
Entrambi gli appelli sono di vitale importanza. Se non forniamo assistenza umanitaria urgente alla popolazione civile all’interno del Sudan, questa continuerà a spostarsi verso i Paesi vicini, come il Sud Sudan e il Ciad, che faticano per rispondere alla crescente crisi umanitaria. E se non possiamo aiutare questi Paesi a soddisfare i bisogni primari dei rifugiati, questi cercheranno di trovare un’altra via di salvezza e un futuro migliore per sé stessi e le loro famiglie, anche se ciò significa rischiare la vita mettendosi nelle mani dei trafficanti e intraprendendo lunghi e pericolosi viaggi.
Accolgo con favore la ripresa dei colloqui di Gedda e spero che contribuiscano a raggiungere presto almeno un cessate il fuoco.
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