Oltre 2,2 milioni di rifugiati sud sudanesi, soprattutto donne e bambini, hanno bisogno urgentemente di sostegno.
Vicky * si è resa conto di essere incinta tre mesi dopo essere stata violentata da uomini armati, mentre era in fuga dalla violenza in Sud Sudan. Ricordare è doloroso anche ora che è protetta nel campo di Kyaka in Uganda.
“Quando penso al giorno in cui sono stata violentata e picchiata brutalmente, vorrei uccidermi”, dice la ventiduenne, cullando con il braccio sinistro suo figlio, di 11 mesi. “Vorrei essere morta quel giorno, ma mio figlio mi tiene in vita”.
Vicky si aggrappa a qualcos’altro che le dà speranza e che tiene nella mano destra: un dizionario inglese.
“Questo dizionario è la mia bibbia”, dice. “Quando voglio evitare i cattivi pensieri, lo leggo e provo a imparare nuove parole. Spero che un giorno potrò ricominciare ad andare a scuola”.
Vicky è una degli oltre 2,2 milioni di rifugiati sud sudanesi che hanno cercato sicurezza in sei paesi vicini – Sudan, Etiopia, Kenya, Uganda, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana – dall’inizio della guerra civile cinque anni fa. Altre 1,9 milioni di persone sono sfollate all’interno del Sud Sudan. Un grave sottofinanziamento sta acuendo la crisi.
I finanziamenti non riescono a tenere il passo con le necessità dei rifugiati.
L’UNHCR, insieme alle ONG partner e ad altre agenzie delle Nazioni Unite, ha lanciato un appello per raccogliere fondi pari a 2,7 miliardi di dollari USA per far fronte ai bisogni umanitari dei rifugiati del Sud Sudan nel 2019 e nel 2020.
“Non possiamo permetterci di ignorare gli enormi bisogni di queste famiglie di rifugiati costrette a fuggire dalla situazione in Sud Sudan”, ha detto Arnauld Akodjenou, Consigliere speciale dell’Alto Commissario e Coordinatore regionale dei rifugiati per la situazione del Sud Sudan. “Esiste un potenziale enorme che può essere realizzato con il sostegno dei donatori ai paesi che hanno generosamente aperto i loro confini e a tutti i partner che partecipano alla risposta umanitaria, ai quali devono essere forniti i mezzi necessari per rispondere”.
Nel 2018, l’UNHCR e i suoi partner hanno ricevuto solo il 38% degli 1,4 miliardi di dollari richiesti per sostenere i rifugiati del Sud Sudan. L’istruzione, la salute e le razioni alimentari sono tutte pesantemente sottofinanziate, e a pagarne le spese sono soprattutto donne e bambini, che rappresentano l’83% dei rifugiati sud-sudanesi.
“Le esigenze alimentari e nutrizionali dei rifugiati sud-sudanesi sono reali”, ha detto Allison Oman Lawi, Consulente Senior per la nutrizione e protezione del Programma Mondiale Alimentare (WFP), che ha raggiunto Akodjenou ad un evento a Nairobi in cui è stato annunciato il piano di risposta regionale del Sud Sudan per il 2019 -2020.
Molte madri hanno riferito che i loro bambini sono stati rapiti o che i loro mariti sono stati uccisi durante la fuga. Il sottofinanziamento compromette lo sforzo di combattere la violenza sessuale e di genere e di offrire a persone come Vicky il supporto di cui hanno bisogno.
Anche l’istruzione è una delle preoccupazioni più acute. Non ci sono insegnanti, le aule sono sovraffollate e i libri di testo scarseggiano. Il risultato è che metà dei bambini rifugiati del Sud Sudan lascia la scuola.
“Qui non ci sono scuole per i bambini rifugiati, e i genitori non possono permettersi di mandare i loro figli nella scuola più vicina, l’unica scuola della comunità di accoglienza”, dice.
Jacob e altri quattro insegnanti del Sud Sudan fanno lezione in una piccola chiesa che funge da scuola per i bambini rifugiati della zona. Le lezioni si svolgono tutti i giorni tranne la domenica, quando i fedeli si riuniscono per pregare.
“Insieme stiamo investendo in questi bambini e nel loro futuro”, dice Jacob. “Hanno già perso il loro presente e non c’è motivo per cui debbano perdere anche il loro futuro”.
La situazione del Sud Sudan rappresenta la più grande crisi di rifugiati in Africa. I bambini sono i più colpiti, in molti casi sono stati esposti a violenze estreme e traumi, tra cui la morte di uno o entrambi i genitori. Molti si prendono cura dei fratelli più piccoli. C’è il loro futuro in gioco.
“Il Sud Sudan è a un punto di svolta, ma ora non è il momento di rilassarsi”, ha dichiarato Marco Rotelli, Rappresentante regionale per l’Africa per il Consiglio internazionale delle agenzie di volontariato (ICVA). “Ci sono segni di affaticamento da parte dei donatori, ma questa situazione richiede tutto il nostro sostegno”.
* I nomi sono stati modificati per motivi di protezione.
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