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I rifugiati dal Burundi tornano a casa ma devono affrontare le sfide della reintegrazione

Più di 60.000 rifugiati quest’anno sono tornati a casa da tutta la regione mentre le tensioni si allentano in Burundi, ma sono urgentemente necessari più aiuti per aiutarli a ricominciare le loro vite.

Di Yonna Tukundane in Uganda e Bernard Ntwari in Burundi  |  27 Ott 2021

Tornata a casa in Burundi, Safia Nduwimana riceve beni non alimentari in un hangar di distribuzione. © UNHCR/Bernard Ntwari

Safia Nduwimana è fuggita dalla violenza in Burundi due anni fa. Sono passate tre settimane da quando è tornata a casa, e ora prova gioia e ansia allo stesso tempo.


“Sono tornata a casa per il bene dei miei figli. Avevano nostalgia di casa e non andavano a scuola a causa del Covid-19”, dice la vedova 39enne, che ora deve trovare i mezzi per mantenere i suoi nove figli.

Dall’inizio dell’anno, circa 2.300 rifugiati del Burundi in Uganda si sono rivolti all’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, per chiedere assistenza per tornare a casa in un contesto di maggiore sicurezza.

Safia era tra un primo gruppo di 265 burundesi che sono tornati volontariamente a casa all’inizio di ottobre. Finora quest’anno, oltre 1.250 rifugiati burundesi in Uganda sono tornati a casa.

Il rimpatrio è sostenuto dall’UNHCR in Uganda, Tanzania (attraverso cui transitano i rifugiati ugandesi) e Burundi, insieme ai governi dei tre paesi e a diverse agenzie umanitarie.

“Sono tornata a casa per il bene dei miei figli”.

Safia era incinta quando è fuggita dalla violenza politica nel suo paese. Ha raggiunto l’insediamento per rifugiati di Nakivale in Uganda, dove ha ricevuto cure mediche e ha partorito in sicurezza il suo bambino.

Burundi. Sentimenti contrastanti per i rifugiati burundesi che tornano a casa

Tornati a casa in Burundi, Safia Nduwimana e la sua famiglia vengono sottoposti al test per il COVID-19 dopo il loro arrivo. © UNHCR/Bernard Ntwari

Burundi. Sentimenti contrastanti per i rifugiati burundesi che tornano a casa

Safia Nduwimana riceve i risultati del test COVID-19. È fuggita dalla violenza in Burundi due anni fa, e ha sentimenti contrastanti riguardo al suo ritorno dall'Uganda. © UNHCR/Bernard Ntwari

Nel 2020, l’Uganda era tra i primi cinque paesi al mondo ad ospitare il maggior numero di rifugiati. A settembre, l’UNHCR ha stimato che oltre 1,5 milioni di rifugiati e richiedenti asilo si trovavano nel paese, di cui tre per cento proveniente dal Burundi.

“Non stiamo promuovendo il ritorno in Burundi, ma siamo lieti di assistere i rifugiati a tornare a casa”, ha detto Joel Boutroue, Rappresentante dell’UNHCR in Uganda. “Il nostro ruolo è quello di assicurare che i ritorni siano volontari, liberi e informati e che il processo sia sicuro e dignitoso”, ha aggiunto.

Boutroue ha detto che i rifugiati che scelgono di rimanere in Uganda continuano ad avere protezione internazionale e beneficiano di assistenza e servizi forniti dal governo, dall’UNHCR e dai partner.

La maggior parte dei rimpatriati affronta l’ignoto a casa. Molti hanno venduto le loro proprietà prima di fuggire, mentre altri ritornano per trovarle occupate o inabitabili. Lo scorso agosto, l’UNHCR ha stimato che il 37% dei rimpatriati non poteva accedere alle loro precedenti case.

In Burundi, un ex vicino ha accolto Safia e la sua famiglia. Un’altra persona tornata a casa di recente, l’ha aiutata a trovare una casa in affitto, dato che aveva venduto la casa di famiglia e la fattoria per coprire le spese mediche prima di partire.

I suoi piani immediati sono di riportare i suoi figli a scuola e trovare un lavoro per fornire loro abbastanza cibo, dato che i recenti tagli alle razioni di cibo per i rifugiati in Uganda sono stati difficili per la famiglia. Tuttavia, rimane ottimista sul fatto che l’assistenza che ha ricevuto come parte di un modesto pacchetto di rientro la aiuterà a ricominciare.

“Con il sostegno che ho ricevuto, comprerò un piccolo pezzo di terra e userò ciò che resta per avviare una piccola attività”, dice sorridendo.

  • Vedi anche: Oltre 60.000 rifugiati burundesi rimpatriati volontariamente quest’anno

In linea con il piano nazionale di reintegrazione dei rifugiati del Burundi, l’UNHCR e l’UNDP si sono offerti di sostenere il governo del Burundi per costruire tre villaggi rurali integrati nelle province che ricevono molti rimpatriati. Questi villaggi aiuteranno i rimpatriati, gli sfollati interni e altre persone vulnerabili a reintegrarsi meglio.

“Stiamo facendo del nostro meglio per aiutare i rimpatriati… ma questo richiede un enorme sostegno”.

“Le persone possono accedere ai servizi di base, tra cui la salute e l’istruzione, e hanno maggiori opportunità di diventare autosufficienti”, ha detto Abdul Karim Ghoul, Rappresentante dell’UNHCR in Burundi. “L’iniziativa promuove anche la coesistenza pacifica tra le comunità”.

Ha sottolineato che è necessario un maggiore sostegno da parte dei donatori e delle agenzie di sviluppo, facendo riferimento al Piano congiunto per il ritorno e la reintegrazione dei rifugiati in Burundi 2021 (JRRP), che è stato lanciato lo scorso febbraio, e attualmente è finanziato solo al 10%.

“Stiamo facendo del nostro meglio per aiutare i rimpatriati a integrarsi meglio nella loro comunità, ma questo richiede enormi contributi e sostegno”, ha aggiunto Ghoul.

Dall’inizio dell’esercizio di rimpatrio volontario nel 2017, oltre 180.000 rifugiati sono tornati a casa  in Burundi da Kenya, Uganda, Tanzania, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo (RDC).

Quasi 270.000 rifugiati burundesi rimangono in esilio, generosamente ospitati da Tanzania, Uganda, Ruanda, RDC, Kenya, Mozambico, Malawi, Sudafrica e Zambia.

 

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