Sudan

Sudan
Il conflitto in Sudan è continuato senza sosta dall’aprile 2023, trasformandosi nella più grande crisi di sfollamento a livello globale nel 2024, con oltre 12,3 milioni di persone costrette a fuggire dentro e fuori dal Sudan.
La violenza estrema e le violazioni dei diritti umani contro i civili sono state frequenti e hanno riguardato violenze sessuali, torture, estorsioni e attacchi contro gruppi etnici. Gli scontri hanno continuato a diffondersi in tutto il paese, costringendo circa 343.000 persone a trovare sicurezza a Al Jazirah dall’ottobre scorso e diverse centinaia di migliaia a fuggire in Sud Sudan a dicembre a causa dell’escalation dei combattimenti negli stati sudanesi del Nilo Bianco, Sennar e Nilo Blu. La situazione nei paesi vicini è rimasta instabile, rendendo necessaria la rilocalizzazione dei rifugiati in altri siti.
Il Sudan ha inoltre affrontato i peggiori livelli di insicurezza alimentare della sua storia, con ben 26 milioni di persone che soffrono di fame acuta e condizioni di carestia confermate nell’agosto 2024. Piogge superiori alla media e inondazioni hanno colpito 13 dei 18 stati del Sudan, mentre decine di migliaia di rifugiati e membri delle comunità ospitanti in Ciad e Sud Sudan sono stati anch’essi colpiti da forti piogge, aggravando le epidemie, in particolare il colera.
I rifugiati in fuga dal Sudan sono arrivati nei paesi di asilo – principalmente Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia e Sud Sudan – in condizioni disperate, spesso senza beni o risorse. Circa 677.000 rifugiati che risiedevano in Sudan prima del conflitto sono stati costretti a tornare in condizioni avverse, principalmente in Sud Sudan, o a trasferirsi autonomamente all’interno del Sudan, mettendo ulteriormente a dura prova le loro già limitate risorse.
La risposta di UNHCR
In Sudan, l'UNHCR ha concentrato i suoi sforzi sul supporto salvavita, sui servizi di protezione e sulle opportunità di autonomia di base per gli sfollati interni sudanesi. Per i rifugiati all'interno del Sudan, l'UNHCR ha lavorato per fornire supporto e servizi essenziali, tra cui assistenza sanitaria, alloggi e servizi di protezione nei campi, espandendo al contempo i campi rifugiati esistenti e creando nuovi insediamenti ove possibile per accogliere i rifugiati in fuga dalle aree urbane colpite dai combattimenti.
Nei paesi vicini, l'UNHCR e i suoi partner hanno sostenuto i paesi ospitanti per garantire l'accesso al territorio e all'asilo a tutti coloro che necessitano di protezione internazionale, fornendo assistenza e protezione con un'attenzione specifica all'identificazione e al supporto dei più vulnerabili. Uno degli obiettivi principali è stato quello di aiutare i paesi ospitanti a rafforzare le proprie capacità e resilienza, in modo che coloro che fuggivano dal Sudan fossero inclusi nei sistemi nazionali, in particolare nei settori della sanità, dell'istruzione e delle opportunità di sostentamento.
Tra maggio e agosto, oltre 69.000 persone hanno ricevuto assistenza abitativa, 41.000 hanno beneficiato di servizi di protezione e 40.000 hanno ricevuto supporto essenziale per il trasferimento o il trasporto dalle zone di confine verso luoghi più sicuri. In collaborazione con i partner, l'UNHCR ha fornito un sostegno mirato alle diverse regioni. In Ciad, ad esempio, l'UNHCR e i suoi partner hanno costruito quattro nuovi campi, ampliato sette siti esistenti e realizzato 35.000 rifugi transitori dall'inizio del conflitto. In Egitto, l'UNHCR ha introdotto un nuovo meccanismo per accelerare gli appuntamenti di registrazione, fondamentale per ottenere i permessi di soggiorno. Con il continuo aumento degli sfollamenti, l'UNHCR ha intensificato la risposta insieme ai partner in Uganda e nella parte orientale dell Libia, sostenendo le autorità locali e le comunità nell’affrontare i bisogni crescenti.
L'UNHCR ha continuato a guidare il Sudan Regional Refugee Response Plan, che delinea una strategia multi-agenzia e multisettoriale, nonché i requisiti finanziari di 86 partner che supportano i governi ospitanti nella Repubblica Centrafricana, in Ciad, Egitto, Etiopia, Libia, Sud Sudan e Uganda. La risposta dà priorità all’assistenza salvavita, concentrandosi anche su interventi volti a rafforzare la resilienza di rifugiati, rimpatriati (sia rifugiati che migranti), cittadini di paesi terzi e comunità ospitanti.