Le persone costrette a fuggire hanno bisogno di sostegno per ricominciare la loro vita e costruire un futuro migliore per se stesse, le loro famiglie e le loro comunità. Con voi al nostro fianco, ci impegniamo a trovare soluzioni durature che consentano ai rifugiati di riprendere il controllo delle loro vite in sicurezza e con dignità.

Aiutiamo persone come Alberto e Orlando a stabilirsi e integrarsi; formiamo rifugiati come Therese in modo che possano guadagnarsi da vivere; e sosteniamo coloro che, come Mohammed, vogliono dare un contributo all’interno della comunità che li ospita.

Un programma volto a invertire la deforestazione a Minawao

L’insediamento di Minawao, in Camerun, ospita quasi 70.000 rifugiati fuggiti dalle violenze legate all’insurrezione di Boko Haram nella vicina Nigeria. In una regione arida, già duramente colpita dai cambiamenti climatici, l’arrivo dei rifugiati ha accelerato il processo di desertificazione poiché questi ultimi hanno abbattuto i pochi alberi circostanti per avere legna da ardere.

Di conseguenza, il prezzo del legno è aumentato considerevolmente, causando conflitti con le comunità ospitanti. Le donne sono state costrette a camminare nella boscaglia per andare a prendere la legna da ardere, esponendosi a potenziali attacchi. Per gli animali è sempre più difficile nutrirsi da soli.

Di fronte a questo disastro ecologico e umanitario, l’UNHCR, insieme ai partner, ha lanciato un programma unico volto a invertire la deforestazione a Minawao e nei villaggi circostanti. Questo approccio include l’aumento della piantumazione di alberi e programmi di cucina sostenibile, l’investimento in sistemi a energia solare e la riduzione dei rifiuti di plastica.

“Gli alberi ci danno molto”, afferma Lydia, una rifugiata nigeriana che gestisce un vivaio di alberi. “Innanzitutto, ci forniscono l’ombra necessaria per coltivare il cibo. Inoltre, le foglie e i rami morti possono essere trasformati in un fertilizzante adatto per la coltivazione. Infine, la foresta attrae e trattiene l’acqua”, spiega, mentre le si illuminano gli occhi.

Aiutare Mohammed a rendere più verde la sua comunità

Mohammed, un 28enne Rohingya rifugiato, ha un lavoro insolito: è uno dei guardiani della piantagione, e contribuisce a rendere più verde il campo profughi più grande del mondo. Si occupa dell’irrigazione e della cura delle piantine, del rimboschimento degli alberi abbattuti dalle frane e della sensibilizzazione della comunità in merito alla protezione delle foreste presenti in questo lussureggiante angolo del Bangladesh meridionale.

Il vasto campo di Kutupalong, densamente popolato, ospita quasi un milione di Rohingya, la maggior parte dei quali è arrivata nel 2017 dopo essere fuggita dalle violenze in Myanmar. In risposta al massiccio afflusso, il governo del Bangladesh destinò infatti 2.500 ettari di foresta protetta all’accoglienza dei rifugiati appena arrivati.

La vegetazione fu rimossa per far posto a rifugi e infrastrutture, e ciò che rimase fu rapidamente trasformato in legna da ardere dai rifugiati, che non avevano combustibili alternativi per cucinare. Quello che prima era un santuario per la fauna selvatica, compresi gli elefanti asiatici in via di estinzione, divenne un tratto spoglio e collinoso di bambù e rifugi con tetti di plastica, soggetti a inondazioni e frane durante la stagione dei monsoni.

Mohammed ricorda: “questo luogo era come un deserto; non c’erano alberi. Abbiamo dovuto soffrire il caldo torrido del giorno, che ha anche causato danni alla pelle”.

Per ridurre i rischi associati alla deforestazione, l’UNHCR e i suoi partner decisero di ripristinare l’ecosistema della foresta e di stabilizzare le colline attraverso un progetto che prevedeva la piantumazione di specie indigene a crescita rapida come alberi, arbusti ed erbacee. Più di 3.000 rifugiati del Bangladesh e Rohingya come Mohammed ricevettero una formazione su come gestire i vivai di alberi, piantare e curare le piantine e proteggere i giovani alberi.

Le attività di re-inverdimento, insieme al lavoro di pulizia e ripristino dei corsi d’acqua e al miglioramento dei sistemi di drenaggio, sono serviti a ridurre gli effetti delle inondazioni nei campi e a portare l’ombra indispensabile, cambiando la vita di chi vive in quest’area. Tutto ciò è stato possibile grazie al vostro sostegno.

“Poiché mi prendo cura di questi alberi, sono in pace con me stesso”, dichiara Mohammed. “Un giorno, quando tornerò nel mio paese, mi prenderò cura degli alberi che ci sono lì e convincerò la gente a fare lo stesso”.